Il miele è un alimento naturale composto principalmente da acqua (17%), zuccheri (75%), aminoacidi, minerali, vitamine, enzimi, fenoli, acidi organici, pigmenti, oli volatili e sostanze aromatiche.
La sua qualità è definita attraverso caratteristiche sensoriali e fisico-chimiche, come il contenuto di acqua, le ceneri residue, l’acidità, la conducibilità elettrica e la presenza di HMF. Altri parametri fondamentali sono gli zuccheri riducenti, il saccarosio, l’attività della diastasi e la quantità di prolina. Questi parametri, sebbene con variazioni locali, sono riconosciuti a livello internazionale. Sono la base per attestare l’autenticità del miele.
Autenticità, sofisticazione e adulterazione: come riconoscere la qualità del miele
Valori che si discostano dai parametri standard possono indicare una sofisticazione o una adulterazione del miele. Entrambe sono considerate frodi alimentari, ma non sono necessariamente più rischiose rispetto ad altri alimenti.
Tuttavia, il rischio di sofisticazione in un prodotto semplice come il miele è limitato, poiché la sostituzione dell’unico ingrediente è più facilmente rilevabile. L’adulterazione invece è un problema serio, con impatti economici, nutrizionali e sanitari. Il consumatore finale difficilmente riesce a rilevare un prodotto adulterato.
Le pratiche più comuni di adulterazione
La mancanza di protocolli chiari e la poca consapevolezza del consumatore favoriscono la diffusione di quello adulterato sul mercato. Le forme più comuni riguardano l’aggiunta di zuccheri come saccarosio, melassa, sciroppi o ingredienti vegetali come polline e farine.
La presenza di questi prodotti adulterati è in aumento e richiama l’attenzione dei media e degli enti di controllo. Tutta la filiera — dai produttori ai consumatori — è coinvolta nella tutela della qualità. È quindi necessaria un’azione condivisa per contrastare queste pratiche.
Tecniche scientifiche per smascherare le frodi
E, quindi, come riconoscere la qualità del miele?
La ricerca utilizza diverse tecniche analitiche per individuare l’adulterazione. Tra queste ci sono:
- L’analisi isotopica, cromatografica, spettroscopica (NIR, FTIR, Raman),
- La risonanza magnetica nucleare (NMR),
- L’analisi elementare sul miele.
Questi strumenti permettono di creare un “fingerprint” che diventa uno standard di riferimento. Scostamenti significativi da questo profilo indicano la presenza di anomalie. Tuttavia, si tratta di metodi complessi, non facilmente applicabili nei controlli di routine all’interno delle aziende.
Le principali tipologie di adulterazione
Alcune tecniche si basano sull’identificazione di marker specifici o ingredienti estranei. Tra le adulterazioni più frequenti c’è l’aggiunta di zuccheri sotto forma di sciroppi, usati per aumentare il volume del prodotto o come nutrimento per le api.
Questo produce un miele con composizione alterata. Altre pratiche prevedono l’aggiunta di materiali estranei o l’uso di tecniche per velocizzare la filtrazione, come il riscaldamento. Queste operazioni compromettono la qualità del miele, riducendolo a un semplice dolcificante.
Come riconoscere un miele di qualità?
Il consumatore può comunque orientarsi verso scelte più consapevoli. Il miele venduto come alimento è sicuro, ma per garantirsi qualità è necessario affidarsi all’esperienza e all’osservazione.
Un buon miele non è sempre chiaro e limpido: la sua naturale complessità lo rende torbido e soggetto a cristallizzazione, un segno positivo e non un difetto.
Un miele che non cristallizza mai potrebbe essere stato trattato. Una volta scelto quello giusto, impariamo a conservarlo e gustarlo correttamente per apprezzarne davvero ogni sfumatura.
Luigi Menghini, professore ordinario di Botanica farmaceutica e referente Orto botanico Giardino dei Semplici, Dipartimento di Farmacia, Università Gabriele d’Annunzio